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Piano
interrato

La cantina dell'epoca della Cecca:
casa natale di mamma Margherita

Nell’Astigiano la presenza della vite è documentata a partire dall’epoca romana con raffigurazioni di grappoli in steli funerarie di fine II° secolo d.C..

Nel IX secolo il monastero di Bobbio possedeva a Camerano Casasco, Montiglio e Calliano tre aziende agricole che rendevano circa 800 litri di vino l’anno.

 

Gli Statuti comunali di Asti del Trecento delineano un paesaggio agrario costituito da seminativi a cereali, vigneti, prati e boschi. I dati della relazione dell’Intendente Provinciale alla fine del Settecento sono significativi : il 30% dei terreni è coltivato a vigneto, il 30% a cereali il 15% a prato e il resto a bosco o incolto. Da quell’epoca le colline del nord Astigiano, compreso Capriglio, sono costellate di vigne e quasi ogni casa possiede una cantina.

La casa natale di Mamma Margherita oltre ai tralci di vite in facciata aveva una parte interrata, destinata alla produzione e alla conservazione del vino.  L’uva raccolta con cesti di vimini tra la fin di settembre e l’inizio di ottobre era portata nell’aia dove veniva pigiata in mosto. 

Il mosto trasferito in cantina utilizzando secchi grandi, secchi piccoli “sabrot” e grandi imbuti lignei, fermentava nei tini o nelle botti. 

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Il vino ottenuto, spillato all’inizio di novembre, tornava nelle botti sempre di legno.  Gli attrezzi impiegati per il trasporto erano la brenta, le botticelle di legno di mandorlo; alla fine dell’ottocento le damigiane di vetro impagliate.

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